


Avatar: La via dell'acqua – una miracolosa visione
di Maria Elena Gutierrez
Nell'epico sequel fantascientifico "Avatar-La via dell'acqua" di James Cameron, Sam Worthington e Zoe Saldaña riprendono i rispettivi ruoli di Jake Sully e Neytiri, due giovani innamorati che hanno sfidato ogni infausta previsione per stare insieme, pur se provenienti, letteralmente, da mondi diversi. La loro appassionata relazione ha saputo oltrepassare non solo le divisioni culturali, ma financo il confine tra due specie - Umana e Na'vi - collocando così la problematica della diversità al centro del bellissimo cuore pulsante di "Avatar".
In questo trionfale ritorno sul mondo esotico di Pandora, Cameron ripropone ancora una volta l'identico tema in primo piano. Ambientato quattordici anni dopo il primo film, "Avatar-La via dell'acqua" esordisce con un montaggio che introduce la famiglia formata da Jake e Neytiri, "diversa" in modo quasi provocatorio. Oltre ai loro tre figli, di razza mista - Neteyam (Jamie Flatters), Lo'ak (Britain Dalton) e Tuktirey (Trinity Jo-Li Bliss) - la coppia ha adottato Kiri (Sigourney Weaver), la figlia adolescente dell'avatar della dottoressa Grace Augustine, personaggio interpretato dalla stessa attrice nel primo capitolo della saga. A completare il quadro troviamo il ragazzo umano Spider (Jack Champion), figlio del crudele Miles Quaritch (Stephen Lang), il quale accompagna i figli di Jake e Neytiri ovunque vadano.
La vita sembra trascorrere in armonia per la famiglia, immersa in un pacifico idillio nella giungla di Pandora. Troppo presto però, a spezzarlo irrompe una nuova invasione da parte degli umani terrestri, che li costringe a fuggire dalla loro casa per unirsi, dopo un breve vagabondaggio, al clan Metkayina residente sulla barriera corallina. Qui devono scontrarsi con impreviste ostilità: in quanto essere umano in un corpo Na'vi, Jake viene considerato con sospetto e ostilità a prescindere dal suo status di "Toruk Makto", il nobile guerriero che aveva guidato il clan Omaticaya alla vittoria contro i nemici nel primo film, mentre i suoi figli vengono disprezzati alla stregua di meticci.
Ma il pregiudizio ha radici più profonde. Tutti vengono considerati "diversi" qui, anche Neytiri nonostante sia un'autentica nativa di Pandora. La pelle degli Omaticaya è di un blu intenso, differente dal pallido acquamarina dei Metkayina. A loro mancano i pettorali sviluppati, le code larghe e le estensioni degli arti simili a pinne che consentono agli abitanti della barriera corallina di nuotare liberamente nell'oceano di Pandora. Sono diversi. Non si adattano. Sono "altri".
La famiglia fuggitiva si confronta con questi ostacoli e gradualmente riesce a farsi accogliere nella nuova casa, anche se il viaggio non sarà privo di difficoltà. Man mano che questo particolare filone della storia si svolge, l'approccio a più livelli riservato al tema della discriminazione - umano/Na'vi, Omaticaya/Metkayina - conferisce notevole complessità e profondità alla narrazione.
L'integrazione nel clan Metkayina porterà nuova stabilità nella vita di Jake e della sua famiglia. Ma la pace ritrovata non è destinata a durare. Resuscitato in un corpo di avatar, lo spietato Quaritch è determinato a rintracciare Jake per ucciderlo. Per fare ciò, requisisce una delle enormi navi oceaniche usate dagli umani per cacciare i Tulkun, giganti senzienti che vivono nell'oceano, molto simili alle balene terrestri.
Alla fine apprenderemo il vero motivo per cui i Tulkun vengono massacrati: le loro ghiandole secernono un liquido chiamato "Amrita", che avrebbe il potere di arrestare le fasi dell'invecchiamento umano. L'Amrita è molto ricercata, più preziosa perfino del minerale "Unobtainium" che sfida la gravità e per il quale gli umani si erano spinti a devastare Pandora nel primo "Avatar". Dopo aver abbandonato le loro miniere di "Unobtainium", gli invasori terrestri non dimostrano alcuna remora nello sterminare la maestosa razza Tulkun semplicemente per assicurarsi alcune minuscole fiale di inestimabile "Amrita".
In termini narrativi, la sostituzione dello "Unobtainium" con l'"Amrita" costituisce una mossa magistrale da parte di Cameron. Per quanto esotico, il primo resta solo una sostanza inerte, mentre per raccogliere la seconda gli antagonisti del nuovo film si macchiano di atti di violenza contro una specie senziente, e Cameron non ci risparmia alcunchè di questo crimine, mostrandone i metodi spietati tramite dettagli spaventosi e sanguinolenti. Questo crudo realismo aggiunge una dimensione profondamente emotiva al secondo tema centrale del film: lo sfruttamento delle risorse naturali.
Ancora una volta, questo tema viene affrontato attraverso vari livelli. Il clan Metkayina condivide un profondo legame con i Tulkun: a ogni individuo del clan, infatti, corrisponde un "fratello spirituale" Tulkun; quando il figlio di Jake, Lo'ak, fa amicizia con un Tulkun emarginato chiamato Payakan, la terribile situazione di questi giganti dell'oceano diventa una questione profondamente personale per lui e la sua famiglia - e di conseguenza anche per noi, gli spettatori.
L'attualissimo messaggio ecologico di "Avatar-La via dell'acqua" prosegue ancora attraverso scorci sul crescente legame di Kiri con Eywa, ovvero la coscienza planetaria che collega tutte le forme di vita su Pandora. Eywa non può che richiamare alla mente il mito greco di Gaia, la Madre Terra, a sua volta variante di divinità ancor più remote simboleggianti la creazione, la fertilità e la generosità della Natura. Attraverso Eywa, il ciclo di "Avatar" trasporta il più antico tra i miti terrestri nelle profondità dello spazio, dove trova nuova vita e significato.
La terza tematica portante di "Avatar-La Via dell'Acqua" è senz'altro la famiglia. Nel corso della prima metà del film, Cameron si dedica a ritrarre le complesse dinamiche all'interno della famiglia di Jake e Neytiri. Qualunque genitore di adolescenti si potrà riconoscerà nel costante flusso/riflusso di devozione, ribellione e rivalità fraterna che accompagna questi anni turbolenti. L'impostazione paterna di Jake è autoritaria, senza dubbio condizionata dal suo background militare, seppur mitigato dalla più equilibrata filosofia di Neytiri. Perfino il cattivo, Quaritch, si ritrova ad esplorare le sfide della genitorialità man mano che approfondisce il rapporto col figlio dimenticato, Spider.
Mettendo da parte queste premesse di fondo, "Avatar-La via dell'acqua" beneficia di una narrazione semplificata per guidare l'azione, che rimanda alle pellicole di maggior successo di Cameron. Nella sua ossessiva ricerca di Jake, Quaritch appare inarrestabile come un Terminator T-1000; l'azione inesorabile nel rutilante terzo atto del film rende omaggio sia a "The Abyss" che a "Titanic". Tuttavia, in nessun momento Cameron si limita a un compiaciuto autocitazionismo. Al contrario, riferimenti e omaggi gli servono per stabilire una cornice riconoscibile all'interno della quale il regista è libero di dipingere le immagini più straordinarie. E su questo non sussistono dubbi: "Avatar:-La via dell'acqua" è uno spettacolo visivo meraviglioso.
Cameron inizia a tessere la sua tela presentando il mondo di Pandora tramite ampie pennellate ingannevolmente abbozzate, prima di immergere il pubblico in questo regno alieno perfettamente caratterizzato e definito. Le sequenze diventano lente e di grande afflato lirico, con ciascuna inquadratura a svelare nuove e gloriosi visioni. Le sequenze oceaniche risultano abbaglianti e ricche di infiniti dettagli, tanto che quando giungiamo alla spettacolare battaglia finale l'impressione è di stare effettivamente nuotando nelle acque di Pandora. Grazie alle più innovative tecniche di produzione virtuale e allo straordinario talento del team effetti visivi di Wētā FX, Pandora e i suoi abitanti ci appaiono assolutamente convincenti e davvero capaci di esprimere emozioni reali.
Come già avvenuto per il primo "Avatar", il pubblico uscirà senza dubbio dal cinema con la mente ed il cuore traboccanti di colori. L'universo immaginario di James Cameron è talmente vibrante, convincente e indimenticabile, che siamo riluttanti a lasciarcelo alle spalle per rientrare nello squallido grigiore del mondo reale.
Tuttavia, il vero trionfo di "Avatar-La via dell'acqua" è proprio quello di farci ricordare che il nostro mondo non è grigio. Semmai, il contrario. Le foreste e gli oceani del nostro pianeta Terra costituiscono in sé autentiche meraviglie, come quelle viste su Pandora. Anzi, lo sono anche di più. Viviamo su un pianeta che è un miracolo, e questo miracolo esiste tutto intorno a noi. Non è scomparso al riaccendersi delle luci in sala. Tutto quello che dobbiamo fare è aprire gli occhi per abbracciarlo, pronunciando la formula Na'vi di benvenuto e amore: - "Ti vedo".
La dott.ssa Maria Elena Gutierrez è amministratrice delegata e direttrice esecutiva di VIEW Conference, il principale simposio annuale italiano dedicato a media e linguaggi dell'universo digitale. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso la Stanford University e un BA alla University of California Santa Cruz. VIEW Conference è il palcoscenico nazionale privilegiato da una illustre varietà di voci, professionalità e talenti in prima linea nel settore animazione, effetti visivi e videogiochi. Per maggiori informazioni sulla VIEW Conference, visitare il sito ufficiale: http://viewconference.it
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